SMITHFIELD, RHODE ISLAND/HANOI – Quando si tratta di combattere le malattie infettive, il progresso non si può misurare in base alla disponibilità delle risorse; il parametro più importante è il numero di vite salvate. E con questo parametro, il mondo è sul punto di perdere la battaglia con la malaria.
Il fatto più allarmante è che il bilancio delle vittime potrebbe salire vertiginosamente. I dati del Consortium for Health Action – un gruppo no-profit dedito a eliminare la malaria incurabile nel Sud-Est asiatico – mostrano un elevato rischio di malaria resistente ai farmaci che si sta diffondendo dall’Asia all’Africa Sub-Sahariana, la regione del mondo più colpita dalla malaria. Non è la prima volta. Alla fine degli anni 50, la resistenza al farmaco anti-malaria chloroquine è emersa in Cambogia e si è diffusa fino (e in tutta) l’Africa durante gli anni 80, che si è tradotta in un aumento di due-sei volte della mortalità correlata alla malaria. Senza interventi urgenti e coordinati potrebbe accadere di nuovo, e questa volta con maggiore rapidità.
Il personale della sicurezza nel Sudest asiatico viene infettato a tassi elevati dal plasmodium falciparum, un parassita che causa una forma mortale della malattia. Nel 2016, ad esempio, secondo le ricerche condotte dall’istituto americano Armed Forces Research Institute of Medical Sciences (AFRIMS) a Bangkok il 10% del personale militare nel Nord-ovest della Cambogia erano vettori.Quando sono stati dispiegati in Africa i soldati cambogiani infetti, molti tra il 2010 e il 2016, erano a rischio diffusione ceppi virulenti di malaria.
Dalla Cambogia, i ceppi di parassiti della malaria potrebbero spostarsi verso il Myanmar, l’India e il Bangladesh, che accolgono circa il 15% delle attuali forze di pace delle Nazioni Unite. Quando i soldati indiani e bangladesi stazionano in Africa senza aver effettuato analisi per la malaria, il rischio di trasmissione di questa malattia mortale potrebbe aumentare drasticamente.
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Con esami pre-dispiegamento, medicine e un diffuso utilizzo di uniformi trattate con insetticidi, questa fonte di migrazione della malaria potrebbe essere contenuta. Al momento, però, la maggior parte dei governi e delle organizzazioni umanitarie mantiene lo status quo che esclude ampiamente questi elevati gruppi di rischio. Abbiamo osservato, ad esempio, che le zanzariere trattate, un efficace mezzo di prevenzione della malattia, non sono distribuite nelle aree ad alta trasmissione, e lì l’uso di zanzariere disponibili è estremamente basso.
La prima è una strategia coordinata che punti a colpire la malattia nelle aree dove sono più alti i tassi di trasmissione, ossia nelle cosiddette isole della malaria. Pur contando su una serie di risorse già disponibili a tale scopo, finanziamenti flessibili e nuove partnership saranno essenziali per ridurre i tassi di infezione tra il personale dell’esercito, della foresteria e della polizia, nonché in altre popolazioni a rischio.
La seconda è che i donatori internazionali devono riconoscere l’urgenza dell’incombente pandemia di malaria. Al momento, il loro impegno è ancora insufficiente. Ad esempio, The Global Fund, uno dei più importanti sostenitori anti-malaria del mondo, soffre di una mancanza di finanziamenti efficaci. I destinatari degli aiuti nella regione lamentano l’impossibilità di utilizzare il denaro del Fondo per soddisfare diverse esigenze, come gli incentivi con ricompensa in base ai risultati per motivare lo staff. The Global Fund giustifica il proprio approccio come necessario per garantire la sostenibilità dei programmi a lungo termine e la partecipazione del paese ospitante. Ma, di fronte all’emergenza sanitaria nel Sud-Est asiatico, e per estensione, in Africa, insistere sulla rigida osservanza delle regole standard sui finanziamenti potrebbe essere una logica miope.
Infine, abbiamo bisogno di nuove fonti di denaro. Un luogo naturale in cui cercare è l’esercito degli Stati Uniti, per cui la malaria rappresenta la malattia infettiva numero uno nella regione. Sfortunatamente, il Dipartimento americano della Difesa si è rifiutato di offrire qualcosa in più del supporto nella ricerca, che potrebbe portare a qualche pubblicazione extra, ma non aiuterà a eliminare questa minaccia della malaria. Salvo un cambiamento di posizione, le organizzazioni filantropiche – soprattutto la Bill & Melinda Gates Foundation – saranno fondamentali per riempire l’effettivo vuoto di finanziamenti, soprattutto offrendo incentivi finanziari per implementare efficaci operazioni di sradicamento.
Con il giusto livello di supporto e coordinazione, possiamo eliminare la malaria falciparum resistente a diversi farmaci diffusa nel Sud-Est asiatico. L’alternativa – scarsa implementazione, spesa inefficace e ricerche sbagliate – non farà che consentire ai parassiti della malaria ancora in evoluzione di raggiungere l’Africa, uno scenario mortale che ci farebbe fare marcia indietro rispetto ai decenni di progresso.
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Recent demonstrations in Gaza have pushed not only for an end to the war, but also for an end to Hamas's rule, thus echoing Israel's own stated objectives. Yet the Israeli government, consumed by its own internal politics, has barely acknowledged this unprecedentedly positive development.
underscores the unprecedented nature of recent demonstrations in the war-ravaged enclave.
SMITHFIELD, RHODE ISLAND/HANOI – Quando si tratta di combattere le malattie infettive, il progresso non si può misurare in base alla disponibilità delle risorse; il parametro più importante è il numero di vite salvate. E con questo parametro, il mondo è sul punto di perdere la battaglia con la malaria.
Dopo anni di impressionanti passi avanti, le azioni globali per combattere la malattia provocata dalla zanzara sono in una fase di stallo. Secondo il più recente report sulla malaria stilato dall’Organizzazione mondiale della sanità si sono verificati 219 milioni di casi nel 2017, un incremento di tre milioni rispetto all’anno precedente. Inoltre, se da un lato il numero totale di decessi annui si è attestato a 435.000, dall’altro in alcune regioni si è invertita la tendenza al ribasso di altre regioni.
Il fatto più allarmante è che il bilancio delle vittime potrebbe salire vertiginosamente. I dati del Consortium for Health Action – un gruppo no-profit dedito a eliminare la malaria incurabile nel Sud-Est asiatico – mostrano un elevato rischio di malaria resistente ai farmaci che si sta diffondendo dall’Asia all’Africa Sub-Sahariana, la regione del mondo più colpita dalla malaria. Non è la prima volta. Alla fine degli anni 50, la resistenza al farmaco anti-malaria chloroquine è emersa in Cambogia e si è diffusa fino (e in tutta) l’Africa durante gli anni 80, che si è tradotta in un aumento di due-sei volte della mortalità correlata alla malaria. Senza interventi urgenti e coordinati potrebbe accadere di nuovo, e questa volta con maggiore rapidità.
Fortunatamente, esistono diverse strade per ridurre questa probabilità; tra le più importanti rientra quella di espandere i programmi di prevenzione, screening e trattamento per le persone ad alto rischio, come i soldati in missioni di pace nella regione, una fonte comune ma spesso trascurata di trasmissione dei parassiti della malaria tra l’Asia e l’Africa.
Il personale della sicurezza nel Sudest asiatico viene infettato a tassi elevati dal plasmodium falciparum, un parassita che causa una forma mortale della malattia. Nel 2016, ad esempio, secondo le ricerche condotte dall’istituto americano Armed Forces Research Institute of Medical Sciences (AFRIMS) a Bangkok il 10% del personale militare nel Nord-ovest della Cambogia erano vettori.Quando sono stati dispiegati in Africa i soldati cambogiani infetti, molti tra il 2010 e il 2016, erano a rischio diffusione ceppi virulenti di malaria.
Dalla Cambogia, i ceppi di parassiti della malaria potrebbero spostarsi verso il Myanmar, l’India e il Bangladesh, che accolgono circa il 15% delle attuali forze di pace delle Nazioni Unite. Quando i soldati indiani e bangladesi stazionano in Africa senza aver effettuato analisi per la malaria, il rischio di trasmissione di questa malattia mortale potrebbe aumentare drasticamente.
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Con esami pre-dispiegamento, medicine e un diffuso utilizzo di uniformi trattate con insetticidi, questa fonte di migrazione della malaria potrebbe essere contenuta. Al momento, però, la maggior parte dei governi e delle organizzazioni umanitarie mantiene lo status quo che esclude ampiamente questi elevati gruppi di rischio. Abbiamo osservato, ad esempio, che le zanzariere trattate, un efficace mezzo di prevenzione della malattia, non sono distribuite nelle aree ad alta trasmissione, e lì l’uso di zanzariere disponibili è estremamente basso.
Nel 2015, l’Oms ha fissato il 2020 come scadenza per frenare la trasmissione del plasmodium falciparum in Cambogia, e ha richiesto la totale eliminazione della malaria dalla regione del Greater Mekong nel Sud-Est asiatico entro il 2030. Questi ambiziosi obiettivi sono ancora raggiungibili, ma solo se saranno affrontate tre sfide chiave.
La prima è una strategia coordinata che punti a colpire la malattia nelle aree dove sono più alti i tassi di trasmissione, ossia nelle cosiddette isole della malaria. Pur contando su una serie di risorse già disponibili a tale scopo, finanziamenti flessibili e nuove partnership saranno essenziali per ridurre i tassi di infezione tra il personale dell’esercito, della foresteria e della polizia, nonché in altre popolazioni a rischio.
La seconda è che i donatori internazionali devono riconoscere l’urgenza dell’incombente pandemia di malaria. Al momento, il loro impegno è ancora insufficiente. Ad esempio, The Global Fund, uno dei più importanti sostenitori anti-malaria del mondo, soffre di una mancanza di finanziamenti efficaci. I destinatari degli aiuti nella regione lamentano l’impossibilità di utilizzare il denaro del Fondo per soddisfare diverse esigenze, come gli incentivi con ricompensa in base ai risultati per motivare lo staff. The Global Fund giustifica il proprio approccio come necessario per garantire la sostenibilità dei programmi a lungo termine e la partecipazione del paese ospitante. Ma, di fronte all’emergenza sanitaria nel Sud-Est asiatico, e per estensione, in Africa, insistere sulla rigida osservanza delle regole standard sui finanziamenti potrebbe essere una logica miope.
Infine, abbiamo bisogno di nuove fonti di denaro. Un luogo naturale in cui cercare è l’esercito degli Stati Uniti, per cui la malaria rappresenta la malattia infettiva numero uno nella regione. Sfortunatamente, il Dipartimento americano della Difesa si è rifiutato di offrire qualcosa in più del supporto nella ricerca, che potrebbe portare a qualche pubblicazione extra, ma non aiuterà a eliminare questa minaccia della malaria. Salvo un cambiamento di posizione, le organizzazioni filantropiche – soprattutto la Bill & Melinda Gates Foundation – saranno fondamentali per riempire l’effettivo vuoto di finanziamenti, soprattutto offrendo incentivi finanziari per implementare efficaci operazioni di sradicamento.
Con il giusto livello di supporto e coordinazione, possiamo eliminare la malaria falciparum resistente a diversi farmaci diffusa nel Sud-Est asiatico. L’alternativa – scarsa implementazione, spesa inefficace e ricerche sbagliate – non farà che consentire ai parassiti della malaria ancora in evoluzione di raggiungere l’Africa, uno scenario mortale che ci farebbe fare marcia indietro rispetto ai decenni di progresso.