LONDRA – La nostra sfida climatica è una sfida energetica. Vincere quest’ultima, però, richiede un’azione che va ben oltre la produzione di energia.
Il solare e l’eolico hanno rivoluzionato il nostro sistema energetico. Tuttavia, dal momento che attualmente il settore elettrico fornisce solo il 20% della nostra energia, la mera produzione di una maggiore quantità di elettricità verde non basterà a farci raggiungere le zero emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo. E neppure la conversione delle rinnovabili elettriche in forniture di idrogeno verde su vasta scala offrirà una soluzione ottimale. Le nostre navi, i nostri aerei e i nostri treni non sono configurati per utilizzare un’energia alternativa, e sul fronte degli incentivi economici non siamo ancora sulla strada giusta.
La nostra sfida energetica riguarda anche un problema legato alla domanda energetica. Il raggiungimento delle nostre ambizioni climatiche collettive richiede transizioni rapide e profonde in ciascuno dei settori che contribuiscono alla domanda energetica mondiale, che comprendono, oltre a quello energetico, anche i trasporti, la produzione, l’acciaio e i prodotti chimici. Avviare queste transizioni alla velocità richiesta implica la totale trasformazione delle nostre infrastrutture energetiche. A tal fine, tre saranno le priorità particolarmente cruciali.
Innanzitutto, bisogna accelerare il ritmo dell’innovazione. Un’analisi condotta recentemente dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) mostra che quasi la metà delle riduzioni di emissioni necessarie per raggiungere lo zero netto entro il 2050 potrebbe dipendere da tecnologie che non sono ancora sul mercato.
Tecnologie per l’energia pulita quali i pannelli solari, le turbine eoliche, le auto elettriche, i diodi ad emissione luminosa e le batterie agli ioni di litio hanno reso possibile immaginare un mondo a zero emissioni nette nei prossimi decenni. Ma perché tale obiettivo venga raggiunto da tutti, bisogna compiere passi da gigante nell’innovazione di tecnologie pulite alternative, alcune delle quali sono ancora in fase sperimentale. Ciò si rende particolarmente urgente in settori quali l’acciaio, il cemento, i prodotti chimici, la navigazione e l’aviazione, le cui emissioni sono tra le più difficili da ridurre e dove le soluzioni tecnologiche sono rimaste indietro.
La seconda priorità è una più stretta collaborazione tra governo e industria. Il settore privato è un motore di cambiamento senza paragoni. È qui che si trova la più alta concentrazione di inventori, imprenditori e investitori, il cui contributo sarà fondamentale se il mondo intende sviluppare e utilizzare tecnologie verdi alla velocità richiesta.
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Allo stesso tempo, l’azione dei governi è fondamentale per liberare tutta la potenza del mondo del business. Abbandonati a se stessi, i mercati non riescono a realizzare la necessaria trasformazione del nostro sistema energetico mondiale in tempi rapidi. In molti settori, le imprese hanno bisogno di una politica di governo forte che permetta alle tecnologie a minor contenuto di carbonio di prosperare. Inoltre, hanno bisogno che il governo sostenga l’innovazione delle nuove tecnologie sin dalle prime fasi, crei nicchie di mercato che ne consentano lo sviluppo, quindi attui politiche efficaci che ne favoriscano la diffusione, settore per settore.
Infine, serve un coordinamento internazionale migliore. In un sistema globale incentrato sugli interventi nazionali, orchestrare il tipo di cambiamento sistemico necessario nei vari settori che consumano energia è una sfida ardua. Le strategie nazionali possono essere estremamente efficaci in alcune aree, specialmente lì dove i governi sono in grado di perseguire politiche incisive senza danneggiare i produttori locali in settori come quello elettrico. Ma un rigido approccio nazionale funziona meno bene in settori commercializzati a livello internazionale, e in particolare in quelli più “difficili da abbattere”. Qui, un’azione coordinata a livello transfrontaliero diventa essenziale per promuovere la rapida adozione delle nuove tecnologie.
Le istituzioni multilaterali hanno un ruolo cruciale da svolgere in tutte queste aree. L’Iea favorisce la collaborazione su tecnologie chiave per la transizione energetica – un’impresa che coinvolge più di 6.000 esperti a livello mondiale, che rappresentano quasi 300 organizzazioni pubbliche e private ubicate in 55 paesi, compresi molti di quelli associati all’Iea come la Cina, l’India e il Brasile. Ma con un consenso sempre maggiore sulla necessità di arrivare alle zero emissioni nette, possiamo e dobbiamo fare di più.
Più avanti nell’anno, l’Iea presenterà la prima roadmap dettagliata per il settore energetico mondiale, che comprende comparti come l’elettrico, i trasporti, l’industria e l’edilizia – ognuno dei quali dovrà subire una trasformazione per raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. Definendo con precisione cosa serve in ciascun ambito e quando, il piano consentirà ai governi e alle imprese di valutare i loro progressi, indicando dove è necessario concentrare maggiormente gli sforzi.
Il prossimo passo sarà quello di trasformare i diversi piani in azioni concrete. Ecco perché l’Iea ha recentemente avviato una collaborazione strategica con Mission Possible, una coalizione mondiale formata da oltre 400 aziende impegnate ad accelerare la decarbonizzazione su vasta scala dell’industria pesante e dei trasporti. Il nostro sostegno a quest’iniziativa riflette anche il nuovo orientamento dell’Iea verso una maggiore sinergia tra il settore privato e i governi delle principali economie mondiali, che devono svolgere il ruolo di coordinamento che solo loro possono avere. Puntando su innovazione, collaborazione e politiche coraggiose, iniziative di questo tipo possono aiutare il mondo a vincere la sfida climatica.
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Over time, as American democracy has increasingly fallen short of delivering on its core promises, the Democratic Party has contributed to the problem by catering to a narrow, privileged elite. To restore its own prospects and America’s signature form of governance, it must return to its working-class roots.
is not surprised that so many voters ignored warnings about the threat Donald Trump poses to US institutions.
Enrique Krauze
considers the responsibility of the state to guarantee freedom, heralds the demise of Mexico’s democracy, highlights flaws in higher-education systems, and more.
LONDRA – La nostra sfida climatica è una sfida energetica. Vincere quest’ultima, però, richiede un’azione che va ben oltre la produzione di energia.
Il solare e l’eolico hanno rivoluzionato il nostro sistema energetico. Tuttavia, dal momento che attualmente il settore elettrico fornisce solo il 20% della nostra energia, la mera produzione di una maggiore quantità di elettricità verde non basterà a farci raggiungere le zero emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo. E neppure la conversione delle rinnovabili elettriche in forniture di idrogeno verde su vasta scala offrirà una soluzione ottimale. Le nostre navi, i nostri aerei e i nostri treni non sono configurati per utilizzare un’energia alternativa, e sul fronte degli incentivi economici non siamo ancora sulla strada giusta.
La nostra sfida energetica riguarda anche un problema legato alla domanda energetica. Il raggiungimento delle nostre ambizioni climatiche collettive richiede transizioni rapide e profonde in ciascuno dei settori che contribuiscono alla domanda energetica mondiale, che comprendono, oltre a quello energetico, anche i trasporti, la produzione, l’acciaio e i prodotti chimici. Avviare queste transizioni alla velocità richiesta implica la totale trasformazione delle nostre infrastrutture energetiche. A tal fine, tre saranno le priorità particolarmente cruciali.
Innanzitutto, bisogna accelerare il ritmo dell’innovazione. Un’analisi condotta recentemente dall’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) mostra che quasi la metà delle riduzioni di emissioni necessarie per raggiungere lo zero netto entro il 2050 potrebbe dipendere da tecnologie che non sono ancora sul mercato.
Tecnologie per l’energia pulita quali i pannelli solari, le turbine eoliche, le auto elettriche, i diodi ad emissione luminosa e le batterie agli ioni di litio hanno reso possibile immaginare un mondo a zero emissioni nette nei prossimi decenni. Ma perché tale obiettivo venga raggiunto da tutti, bisogna compiere passi da gigante nell’innovazione di tecnologie pulite alternative, alcune delle quali sono ancora in fase sperimentale. Ciò si rende particolarmente urgente in settori quali l’acciaio, il cemento, i prodotti chimici, la navigazione e l’aviazione, le cui emissioni sono tra le più difficili da ridurre e dove le soluzioni tecnologiche sono rimaste indietro.
La seconda priorità è una più stretta collaborazione tra governo e industria. Il settore privato è un motore di cambiamento senza paragoni. È qui che si trova la più alta concentrazione di inventori, imprenditori e investitori, il cui contributo sarà fondamentale se il mondo intende sviluppare e utilizzare tecnologie verdi alla velocità richiesta.
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Infine, serve un coordinamento internazionale migliore. In un sistema globale incentrato sugli interventi nazionali, orchestrare il tipo di cambiamento sistemico necessario nei vari settori che consumano energia è una sfida ardua. Le strategie nazionali possono essere estremamente efficaci in alcune aree, specialmente lì dove i governi sono in grado di perseguire politiche incisive senza danneggiare i produttori locali in settori come quello elettrico. Ma un rigido approccio nazionale funziona meno bene in settori commercializzati a livello internazionale, e in particolare in quelli più “difficili da abbattere”. Qui, un’azione coordinata a livello transfrontaliero diventa essenziale per promuovere la rapida adozione delle nuove tecnologie.
Le istituzioni multilaterali hanno un ruolo cruciale da svolgere in tutte queste aree. L’Iea favorisce la collaborazione su tecnologie chiave per la transizione energetica – un’impresa che coinvolge più di 6.000 esperti a livello mondiale, che rappresentano quasi 300 organizzazioni pubbliche e private ubicate in 55 paesi, compresi molti di quelli associati all’Iea come la Cina, l’India e il Brasile. Ma con un consenso sempre maggiore sulla necessità di arrivare alle zero emissioni nette, possiamo e dobbiamo fare di più.
Più avanti nell’anno, l’Iea presenterà la prima roadmap dettagliata per il settore energetico mondiale, che comprende comparti come l’elettrico, i trasporti, l’industria e l’edilizia – ognuno dei quali dovrà subire una trasformazione per raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050. Definendo con precisione cosa serve in ciascun ambito e quando, il piano consentirà ai governi e alle imprese di valutare i loro progressi, indicando dove è necessario concentrare maggiormente gli sforzi.
Il prossimo passo sarà quello di trasformare i diversi piani in azioni concrete. Ecco perché l’Iea ha recentemente avviato una collaborazione strategica con Mission Possible, una coalizione mondiale formata da oltre 400 aziende impegnate ad accelerare la decarbonizzazione su vasta scala dell’industria pesante e dei trasporti. Il nostro sostegno a quest’iniziativa riflette anche il nuovo orientamento dell’Iea verso una maggiore sinergia tra il settore privato e i governi delle principali economie mondiali, che devono svolgere il ruolo di coordinamento che solo loro possono avere. Puntando su innovazione, collaborazione e politiche coraggiose, iniziative di questo tipo possono aiutare il mondo a vincere la sfida climatica.
Traduzione di Federica Frasca