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Quanto sarà ampia la via di uscita dalla crisi?

BRUXELLES – L’Eurozona sta attraversando una fase di caos dettata da una fuga collettiva degli investitori. I rendimenti sul debito governativo dei paesi periferici di Eurolandia stanno schizzando alle stelle, perché gli investitori non sanno esattamente a quali rischi andranno incontro.

Le autorità tendono a smorzare i toni. A loro avviso, gli investitori non dovrebbero preoccuparsi, perché l’attuale meccanismo di salvataggio – European Financial Stability Facility (EFSF) – ha funzionato sinora senza alcuna ripercussione sugli obbligazionisti e sarà applicato fino al 2013. Solo dopo tale data il nuovo meccanismo potrebbe esporre gli investitori privati a eventuali perdite, e solo in caso di debito emesso dopo tale data.

Tuttavia, i mercati non si fidano di tale messaggio – e per una buona ragione: non è credibile, perché non ha alcun senso economico. Dopo tutto, la richiesta di risarcimento, che sarà generata dal rischio di perdita per il debito emesso dopo l’attuazione del nuovo meccanismo anti-crisi nel 2014, implica che tutti i titoli di debito emessi fino a tale data sono sicuri, e che l’insolvenza potrà aver luogo solo in un futuro lontano, e non nell’immediato, come in Grecia e Irlanda. In effetti, i funzionari Ue stanno dicendo agli investitori: “A chi credete, a noi o ai vostri occhi?”

Inoltre, per troppi investitori, il Portogallo, con le sue scarse prospettive di crescita e gli insufficienti risparmi domestici per finanziare il deficit del settore pubblico, assomiglia alla Grecia. E la Spagna deve chiaramente fare i conti con il proprio problema irlandese, ovvero un eccesso di offerta di case sul mercato – e probabilmente ampie perdite nel settore bancario – seguito allo scoppio di una smisurata bolla immobiliare. I problemi di Portogallo e Spagna potrebbero essere meno gravi di quelli di Grecia e Irlanda, ma ciò apparentemente non basta a indurre gli investitori ad acquistare debito governativo.

Un forte rischio condiviso da tali paesi è quindi l’eventuale assalto, su vasta scala, agli sportelli bancari. Sinora, gli investitori in cerca di una via d’uscita sono stati rimborsati in base alla clausola “make whole” (che consente di ricevere gli interessi pagabili dalla conversione delle obbligazioni fino alla scadenza prefissata). Coloro che detengono titoli di debito greco in scadenza sono ora ripagati con il piano di salvataggio da 110 miliardi di euro, e coloro che detengono obbligazioni bancarie irlandesi hanno ricevuto una garanzia da parte del governo irlandese, le cui promesse sono state a loro volta sottoscritte dall’EFSF. L’EFSF fornirà altresì fondi per garantire che i depositanti delle banche irlandesi possano riprendersi oggi il proprio denaro.

Il problema di tale approccio è che genera incentivi sbagliati. Gli investitori hanno ora imparato che chi vende per primo evita eventuali perdite. La situazione assomiglia a quella di un cinema affollato con un’unica uscita di sicurezza. Tutti sanno che in caso di incendio, solo chi esce per primo si salva. Quindi, se l’uscita è piccola, anche il più fievole odore di fumo può scatenare un fuggifuggi generale. Ma se l’uscita di sicurezza è adeguatamente ampia, è probabile che il pubblico resti calmo, anche se alcune zone del locale sono immerse nel fumo.

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Per il mercato finanziario, le dimensioni dell’uscita di sicurezza dipendono dai fondi disponibili per rimborsare gli investitori di breve termine. Sfortunatamente, le dimensioni dell’EFSF sembrano inadeguate a finanziare una via d’uscita collettiva per gli investitori a breve termine.

Quando fu creato l’EFSF, si pensò esclusivamente a garantire il finanziamento dei deficit governativi dei quattro paesi potenzialmente in difficoltà (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna). Da questa prospettiva, l’intervento iniziale di 750 miliardi di euro stanziati dall’EFSF sembrava adeguato.

Ma i fondatori dell’EFSF non hanno preso in considerazione le enormi passività a breve termine delle banche, che effettivamente in una crisi diventano debito governativo, come ha dimostrato di recente l’Irlanda. L’EFSF potrebbe essere solo sufficiente a garantire il debito pubblico dei quattro paesi in difficoltà, ma certamente non a coprire le passività delle loro banche.

Solo il settore bancario spagnolo conta passività a breve scadenza per diverse centinaia di miliardi di euro. Ritornando all’analogia con il cinema: gli investitori sanno che l’uscita di sicurezza non è abbastanza grande da far passare tutti contemporaneamente. Quindi, tutti vogliono uscire per primi.

La linea ufficiale finora è stata “nessun default”, ossia non considerare nessun default sovrano o bancario. Se si vuole mantenere questa linea, la porta di uscita deve essere immediatamente allargata, e devono essere branditi enormi estintori antincendio. Il Fondo monetario internazionale e la Banca centrale europea devono dimostrare agli investitori di avere abbastanza fondi per finanziare l’uscita simultanea di tutti gli investitori di breve termine.

Potrebbe funzionare. Una dimostrazione di grande forza potrebbe riportare la calma nei mercati. Ma è un progetto rischioso: se gli investitori prendono comunque la via d’uscita, i fondi richiesti potrebbero essere così ingenti da scatenare una rivolta dei contribuenti nei paesi creditori.

L’alternativa è quella di cambiare strategia e focalizzarsi invece sugli incentivi degli investitori. Gli investitori pazienti dovrebbero essere ricompensati, e in particolare, dovrebbero essere messi in condizioni privilegiate rispetto a coloro che fuggono. Tale approccio dipende da due importanti cambiamenti di rotta.

Il primo: i governi non dovrebbero essere spinti all’insolvenza solo per salvare tutte le banche. Questo significa che il governo irlandese (forse il prossimo) dovrebbe chiedere ai titolari di obbligazioni bancarie di condividere le perdite, magari offrendo loro un semplice “debt-equity swap”, ossia la trasformazione del debito in titoli.

I dubbi sulla solvibilità del governo irlandese svanirebbero in fretta, e la sua garanzia dei depositi bancari non sarebbe più così instabile. Potrebbe essere necessario fare qualcosa di simile per l’esposizione del sistema bancario spagnolo verso il mercato immobiliare locale.

La seconda componente di un meccanismo permanente anti-crisi riguarda invece un limite massimo per i prezzi delle obbligazioni – e quindi un tetto per le perdite. I rendimenti e la volatilità delle obbligazioni a lungo termine dovrebbero quindi scendere rispetto ai titoli a breve termine, consentendo ai governi periferici di finanziarsi da soli in modo affidabile e a costi ragionevoli.

Niente di tutto ciò risolverebbe i problemi fondamentali dell’Europa, ossia deboli posizioni fiscali, settori finanziari mal funzionanti e la mancanza di competitività. Ma sarebbe tutto facilmente gestibile in presenza di mercati finanziari più calmi.

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