CHICAGO – Anche in un contesto di una crescente integrazione a livello mondiale, la parola “sicurezza” spunta di frequente in espressioni quali “sicurezza alimentare” o “sicurezza energetica”. Dietro queste espressioni ci sono di solito paesi che costruiscono e controllano le proprie strutture di produzione senza badare a costi, come i paesi arabi che coltivano il grano nel deserto senza l’ausilio dell’acqua, e la Cina che ha fatto il suo ingresso nel capitale di alcune società petrolifere in Sudan. Ma dal punto di vista economico, hanno un senso queste attività? Se così non fosse, cosa si dovrebbe fare a livello mondiale per ridurre la necessità di queste operazioni?
CHICAGO – Anche in un contesto di una crescente integrazione a livello mondiale, la parola “sicurezza” spunta di frequente in espressioni quali “sicurezza alimentare” o “sicurezza energetica”. Dietro queste espressioni ci sono di solito paesi che costruiscono e controllano le proprie strutture di produzione senza badare a costi, come i paesi arabi che coltivano il grano nel deserto senza l’ausilio dell’acqua, e la Cina che ha fatto il suo ingresso nel capitale di alcune società petrolifere in Sudan. Ma dal punto di vista economico, hanno un senso queste attività? Se così non fosse, cosa si dovrebbe fare a livello mondiale per ridurre la necessità di queste operazioni?