de66260346f86f680e86c405_dr849.jpg

L'Europa nel Fondo Monetario Internazionale

BRUXELLES – I leader europei non si stancano mai di ripetere ai loro elettori, quasi come un mantra, che le principali economie emergenti stanno ridisegnando l'ordine economico globale. Ma, quando si tratta di riconoscere questa realtà nelle istituzioni finanziarie internazionali, i toni cambiano. Questo è ancor più vero nell'eurozona.

L'eurozona in quanto tale non è rappresentata nelle istituzioni finanziarie internazionali. Al suo posto 12 Paesi dell'eurozona sono rappresentati nel Consiglio del Fondo Monetario Internazionale in sei differenti raggruppamenti. I due Paesi più grandi, Francia e Germania, hanno un raggruppamento tutto per loro. Dieci altri membri dell'eurozona fanno parte di quattro  raggruppamenti guidati da Belgio, Olanda, Spagna e Italia. Ma questi quattro raggruppamenti contengono anche più di 20 altri Paesi, molti dei quali non sono neanche membri dell'Unione Europea.

Insieme ai raggruppamenti della Gran Bretagna e della Scandinavia, ci sono quindi otto rappresentanti dell'Unione Europea nel Consiglio Esecutivo del FMI. Dato che lo statuto del FMI stipula che ci possono essere solo 20 membri del Consiglio, questo significa che il 40% di tutti i Direttori Esecutivi del FMI sono europei, e un terzo appartiene all'eurozona.

Il FMI è un caso esemplare di sovra-rappresentazione degli Europei nelle istituzioni internazionali. Controintuitivamente, ad ogni modo, il numero eccessivo di Europei di fatto diminuisce l'influenza europea, perché questi di solito difendono gli interessi nazionali, che spesso divergono. Il risultato è che alla fine gli interessi comuni europei non sono per niente rappresentati.

Si provi a contrapporre l'infelicità della situazione attuale con l'unica ragionevole riforma a lungo termine: un accorpamento delle quote dei Paesi dell'eurozona in seno al FMI. L'eurozona avrebbe allora un raggruppamento, o un seggio, nel Consiglio Esecutivo del Fondo, occupato da un candidato la cui nomina spetterebbe al gruppo dei ministri delle finanze dell'eurozona.

Pure la Banca Centrale Europea, eventualmente, potrebbe essere coinvolta, nominando il vice-Direttore Esecutivo dell'eurozona al Fondo. In questo modo, le autorità fiscali e monetarie europee sarebbero forzate a cooperare nella definizione dei loro input nelle decisioni del FMI. Molti Paesi (Germania inclusa) già seguono questo approccio bifronte.

HOLIDAY SALE: PS for less than $0.7 per week
PS_Sales_Holiday2024_1333x1000

HOLIDAY SALE: PS for less than $0.7 per week

At a time when democracy is under threat, there is an urgent need for incisive, informed analysis of the issues and questions driving the news – just what PS has always provided. Subscribe now and save $50 on a new subscription.

Subscribe Now

Il rappresentante dell'eurozona sarebbe molto influente, perché rappresenterebbe una quota ancora più larga di quella degli Stati Uniti. Di fatto, il predominio de facto del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel FMI diventerebbe solo un ricordo.

Ma, dato lo scarso interesse dei membri dell'Unione Europea a trasferire ulteriori competenze (e posizioni internazionali di peso) a livello europeo, le probabilità che questa soluzione prevalga sembrano scarse. La Germania, in particolare, non sente di avere ragioni particolari per condividere la sua rappresentanza al FMI con altri Paesi dell'eurozona, fiscalmente più deboli. E i Francesi sembrano temere l'effetto contagio: una volta che la Francia accetti un seggio comune per l'eurozona al FMI, questo potrebbe essere utilizzato come precedente al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dove quindi la Francia rischierebbe di perdere il suo seggio permanente in favore di un rappresentante comune dell'Unione Europea.

Finora, il resto del mondo poteva solo brontolare di fronte all'ostinato rifiuto dell'Europa di riconoscere il suo relativo declino. Dato che nessun Paese europeo ha mai accettato di cedere il proprio seggio nel Consiglio Esecutivo del FMI, l'unica soluzione è stata quella di aggiungere sempre più seggi per le economie emergenti, dinamiche e sotto-rappresentate.

Un tale processo, però, non può andare avanti all'infinito, perché ogni allargamento rende il Consiglio meno efficace. È per questo che gli Stati Uniti hanno ora deciso di seminare zizzania tra gli Europei.

Gli Stati Uniti (che hanno potere di veto) hanno deciso recentemente di non approvare più alcun incremento nel numero dei Direttori Esecutivi (che oggi sono 24). Questo ha posto gli Europei di fronte a un dilemma: se non accettassero di cedere alcuni seggi nel Consiglio del FMI, alcuni Paesi emergenti, come l'Argentina, il Brasile, e forse anche l'India, rischierebbero di perdere il loro. L'Unione Europea non vuole essere additata come la responsabile di questo risultato. I Paesi europei stanno lottando tra di loro per decidere chi verrà sacrificato.

Fino ad oggi, si sarebbe potuto sostenere che l'eurozona non aveva un'agenzia fiscale comune che potesse rappresentare gli interessi comuni dell'area. Ma questo è cambiato con la creazione di un fondo di salvataggio nella forma dello European Financial Stability Facility (EFSF).

Finanziare il prossimo salvataggio interno all'eurozona potrebbe rivelarsi piuttosto complicato e costoso, dato che i mercati finanziari diffidano di strutture complicate come quella messa in piedi per finanziare l'EFSF. Questo offre all'Europa la grande opportunità di fare di necessità virtù e raggruppare le sue disponibilità di accesso alle linee di credito del FMI, molto meno care.

Se, per esempio, l'Irlanda (o la Spagna) avessero bisogno di supporto economico, gli altri Paesi dell'eurozona potrebbero semplicemente accettare di prestare le loro quote presso il FMI. Il Paese in difficoltà potrebbe quindi rapidamente ottenere un generoso prestito del FMI, visto che la quota totale dei Paesi dell'eurozona ammonta a circa 60 miliardi – e che i prestiti del FMI possono facilmente essere dei multipli del valore delle quote stanziate.

Anche i Paesi creditori come la Germania avrebbero da guadagnarci, perché non dovrebbero più conferire vaste somme in garanzia all'EFSF, mantenendo tuttavia i loro interessi all'interno dell'esistente struttura dell'EFSF. Tutti i membri dell'eurozona hanno dunque interesse a concentrarsi in un minor numero di raggruppamenti, e i loro interessi collettivi all'interno del FMI possono essere rappresentati dall'EFSF.

https://prosyn.org/6oMI4mxit