I robot nel cervello

CALGARY – L’introduzione dell’elettrocauterizzazione (che utilizza una corrente ad alta frequenza per cauterizzare i vasi sanguigni o fare delle incisioni)  nel 1926 da parte di Harvey Cushing e William Bovie ha trasformato la neurochirurgia. Data l’estrema precisione necessaria per operare un organo delicato come il cervello, la convergenza tra i dispositivi tecnologici e l’arte della chirurgia ha incoraggiato il progresso in questo campo.

I progressi nel campo della neurochirurgia tendono sempre a perseguire un certo minimalismo. Così come in altri settori della chirurgia, se la procedura interferisce con il corpo il meno possibile, ci sono minori possibilità di conseguenze avverse sulla qualità della vita, ed il paziente è più rapidamente in grado di tornare alle sue normali attività.

Questo principio fondamentale è ancor più valido in relazione alle procedure neurologiche più delicate. Il dover manovrare i vasi sanguigni con un diametro di 1-2 millimetri o il dover rimuovere un tumore del cervello senza danneggiare il tessuto circostante richiedono delle tecnologie, come il microscopio per le operazioni chirurgiche e strumenti di immagine multimodali, che sono complementari alle capacità del chirurgo e ne accrescono l’abilità.

Un passo successivo sarebbe far entrare nel cervello un robot controllato da un essere umano. I robot sono infatti in grado di compiere procedure ripetitive con un livello più alto di precisione e accuratezza dell’essere umano e senza alcuna fatica muscolare. Possono inoltre essere potenziati periodicamente con facilità integrando nuove caratteristiche.

Ciò che manca ai robot è la capacità esecutiva del cervello umano. Dato che la comprensione e la giusta reazione ad un’ampia gamma di variabili che possono sorgere nel corso di un’operazione chirurgica richiederebbero una capacità di calcolo molto elevata, i robot chirurgici mirano ad integrare l’esperienza umana e la capacità decisionale con una precisione meccanizzata.

NeuroArm, sviluppato dal mio team di ricerca presso l’Università di Calgary in collaborazione con gli ingegneri della MacDonald, Dettwiler and Associates, è un esempio di questa convergenza. Il neuroArm ha due braccia in grado di tenere diversi strumenti chirurgici che il chirurgo può manovrare da una postazione remota.

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Il computer fornisce una serie di dati (comprese le risonanze magnetiche, un’immagine tridimensionale del campo chirurgico, informazioni acustiche e tattili attraverso l’interazione tra strumento e tessuto) che permettono al chirurgo di condurre l’operazione chirurgica anche attraverso la vista, il suono ed il tatto. Dato che il cervello umano prende decisioni sulla base di input sensoriali (e ovviamente attraverso l’esperienza), questi dati sono essenziali per dare la possibilità al chirurgo di operare delle scelte durante l’operazione con tutte le informazioni necessarie.

Le tecnologie come la risonanza magnetica sono molto utili nella pianificazione dell’operazione, nel controllo della resezione e nella garanzia della qualità. I sistemi robotici compatibili con la risonanza magnetica danno la possibilità di avere le immagini in tempo reale fornendo informazioni sulle strutture anatomiche ed eventuali cambiamenti nel cervello in relazione a patologie chirurgiche nel corso dell’operazione, e minimizzando quindi i rischi.

Dato che il robot riceve i dati della risonanza magnetica e dà un feedback tattile, le vie elettroniche o vie chirurgici possono essere definite prima della procedura, così come le parti non interessate. La manipolazione degli strumenti avviene quindi solo con le vie predeterminate, il che permette di evitare qualsiasi danno involontario al cervello.

Inoltre, la chirurgia robotica ha il potenziale per andare oltre l’ambito della capacità umana non assistita. Il “motion scaling” (elevata precisione nei micromovimenti), che permette alle braccia robotiche di imitare con precisione i movimenti delle mani del chirurgo ma su una scala molto ridotta, permetterà ai chirurghi di manipolare i tessuti troppo piccoli da individuare ad occhio nudo. Con lo sviluppo di strumenti microchirurgici e di videocamere e monitor di piccole dimensioni con prestazioni di alta qualità sarà possibile operare al livello delle cellule.

Un’area legata a quest’ambito con implicazioni importanti per la neurochirurgia è la realtà virtuale. Lavorando sulla base della tecnologia di simulazione, la realtà virtuale permetterebbe ai chirurghi di fare pratica sulle procedure, compresa la chirurgia robotica, in un contesto digitale. La capacità di elaborare dei casi complessi e di fare pratica sulle procedure più rare prima di attuarle sul paziente porterebbe senza dubbio a delle prestazioni chirurgiche e a dei risultati medici migliori.

La realtà virtuale incoraggerebbe inoltre la formazione chirurgica garantendo agli studenti una più ampia esperienza e rendendo possibile la quantificazione delle loro prestazioni. Mentre i chirurghi che operano manualmente determinano la forza che esercitano solo attraverso gli elementi sensoriali, per contro un simulatore chirurgico sarebbe in grado di misurare la pressione esercitata e indicare se il chirurgo praticante sta esercitando troppa pressione o troppo poca.

Inoltre, i docenti potrebbero programmare degli scenari controllati per valutare il modo in cui i praticanti gestiscono situazioni difficili. La possibilità di azzerare e riprovare le operazioni chirurgiche senza alcun rischio o costo aggiuntivo migliorerebbe in modo significativo la formazione neurochirurgica. Dopotutto, con la pratica si arriva alla perfezione.

E’ pur vero che la realtà virtuale è ancora una tecnologia piuttosto recente. Inoltre, dato che le simulazioni neurochirurgiche realistiche, che devono rappresentare un numero enorme di variabili e risultati possibili, sono particolarmente difficili da sviluppare, la realtà virtuale non è ancora utilizzata in modo consistente in questo campo. Tuttavia la tecnologia di simulazione chirurgica sta comunque progredendo rapidamente grazie anche agli sviluppi nel calcolo parallelo. Grazie alla realizzazione di queste simulazioni, l’importanza della formazione sarà sempre maggiore.

La fusione dell’esperienza umana chirurgica con le apparecchiature e la tecnologia computerizzata sta facendo avanzare la neurochirurgia. In questo contesto, la chirurgia robotica funge da modello dei vantaggi derivanti dall’interfaccia tra essere umano e macchine. Con l’aggiunta della realtà virtuale a quest’equazione, si può delineare il futuro della neurochirurgia: un futuro in cui la disciplina raggiunge nuovi livelli di eccellenza. 

Traduzione di Marzia Pecorari

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