People crowd Fort Lauderdale International Airport Michele Eve Sandberg/Getty Images

I pericolosi presupposti della legge PROMESA

NEW YORK – L’economia di Puerto Rico versa in pessime acque. Oltre un decennio di recessione ha reso il debito pubblico insostenibile e alimentato l’emigrazione verso gli Stati Uniti con ripercussioni sulla vita di migliaia di famiglie e un aumento degli oneri per coloro che restano. Invertire questa dinamica destabilizzante richiede una ristrutturazione del debito in grado di fornire gli aiuti necessari per attuare politiche pro-crescita. Purtroppo, ciò che viene offerto è ben lungi dall’essere sufficiente. 

La ristrutturazione del debito di Puerto Rico è regolata dalla legge PROMESA (Puerto Rico Oversight, Management, and Economic Stability Act), una legge federale entrata in vigore nel giugno 2016 che ha inoltre sancito l’istituzione di un Consiglio di vigilanza fiscale per il commonwealth statunitense. 

Il processo di ristrutturazione è iniziato il 3 maggio scorso, quando il Consiglio ha presentato un’istanza al tribunale federale. Sono, tuttavia, molte le decisioni cruciali ancora da prendere, come stabilire a quanto ammonterà lo sgravio complessivo e come verrà ripartito il “taglio” tra i possessori dei diversi titoli di Stato. Tali decisioni determineranno altresì la fattibilità delle politiche volte a rilanciare le prospettive economiche di Puerto Rico e, quindi, la capacità di solvenza del paese nei confronti dei suoi creditori.  

Qualunque tentativo di risolvere la crisi del debito deve partire dal presupposto che, come l’odierna ristrutturazione del debito avrà un impatto sulla crescita futura di Puerto Rico, così la futura crescita del paese inciderà sulla quantità di debito da ristrutturare. Il piano fiscale decennale approvato dal Consiglio per il periodo 2017-2026 – su cui inevitabilmente si baserà il dibattito sulla ristrutturazione del debito – sembra ignorare questa circolarità.    

Il piano stesso riconosce che la sua adozione implicherà un altro “decennio perduto” per l’attività economica e indebolirà la sostenibilità del debito dell’isola, perpetuando così una crisi che tutte le parti coinvolte vorrebbero vedere superata (vedi grafico). Sfortunatamente, il già forte calo del PNL anticipato dal Consiglio è una previsione alquanto ottimista, poiché si basa su una serie di presupposti poco plausibili e/o controversi.

Nel piano di bilancio del Consiglio spiccano cinque presupposti inesatti. Innanzitutto, i moltiplicatori fiscali – il calcolo della diminuzione del PNL per ogni dollaro di contrazione fiscale – utilizzati per le previsioni sul PNL partono dalla premessa che una contrazione di un dollaro nel disavanzo primario corrisponda a una flessione del PNL pari a 1,34 dollari. Tale valore si trova all’estremo inferiore del range dei moltiplicatori fiscali previsti per paesi o regioni che vivono una fase di recessione.   

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Il valore dei moltiplicatori fiscali dipende dalla performance dell’economia. Le stime percentuali dei moltiplicatori associati alla spesa che non sia militare per regioni o paesi in recessione variano dall’1,09 al 3,5. Dal momento, però, che Puerto Rico non sta vivendo una recessione ordinaria, non è sufficiente (e neppure appropriato) analizzare quello che ci si può aspettare nel migliore dei casi. Una valutazione adeguata delle conseguenze delle politiche fiscali richieste dal piano dovrebbe concentrarsi non su un singolo valore, ma su un intervallo di valori basati su scenari plausibili compresi tra l’estremo ottimismo e l’estremo pessimismo. Ad esempio, utilizzare un moltiplicatore pari a 2,0 e mantenere tutti gli altri (irrealistici) presupposti del piano produce un calo cumulativo stimato del PNL pari al 9,4% negli anni fiscali 2018 e 2019, contro il 7,2% previsto dal piano fiscale.   

Un secondo errore è che le proiezioni del piano in relazione al PNL ignorano gli effetti endogeni che un’attività economica in declino può avere sul gettito fiscale. Una riduzione della spesa pubblica che deprima l’attività economica riduce anche la base imponibile. Pertanto, il governo dovrà fare di più rispetto a quanto previsto dal piano per raggiungere gli obiettivi di gettito.

Terzo, mentre le politiche restrittive del piano spingono l’economia al di sotto delle stime di riferimento del PNL elaborate dal Consiglio, le riforme strutturali, prevalentemente volte a incidere sull’offerta aggregata, dovrebbero presumibilmente spingerla al di sopra delle stesse. Di fatto, tali riforme sembrano essere l’unica forza in grado di trainare la ripresa (nominale) che il piano prevede dopo il 2022.   

Ciò, tuttavia, non è credibile. L’economia di Puerto Rico è limitata dalla domanda, e non c’è ragione di prevedere che ciò cambi nell’immediato futuro. Pertanto, una ripresa economica nel breve termine richiederà forti misure di stimolo da parte del governo, soprattutto dal momento che una riforma strutturale che riduca la spesa (come il taglio delle pensioni) può avere un effetto restrittivo in un simile contesto economico. Altre misure, come il taglio dei fondi per l’educazione, potrebbero ridurre la domanda oggi e dimuire l’offerta aggregata nel lungo periodo.  

Quarto, il presupposto del piano sul fronte dell’emigrazione è, nella migliore delle ipotesi, discutibile. La popolazione del paese è passata da circa 3,8 milioni nel 2000 a poco più di 3,4 milioni nel 2016. Tra il 2010 e il 2016, il tasso di contrazione annuale della popolazione ha superato l’1%, raggiungendo l’1,8% nel 2016. Una recessione più profonda, così come prevista dal piano del Consiglio, limiterà ulteriormente le opportunità sull’isola, spingendo molte più persone a emigrare verso la terraferma. Eppure, il piano ipotizza una riduzione dei flussi migratori con un tasso di diminuzione della popolazione attestato allo 0,2% annuo nel periodo 2017-2026. Considerate le dinamiche destabilizzanti che il piano di bilancio metterà in atto, l’emigrazione sarà maggiore del previsto, le dimensioni dell’economia subiranno una contrazione e l’onere debitorio pro capite su quelli che restano sull’isola aumenterà.   

Infine, invece di entrare nel merito di una proposta di ristrutturazione del debito concreta, il piano indica semplicemente l'importo che verrà restituito ai creditori nel corso del prossimo decennio. Ma le dinamiche macroeconomiche future non possono essere valutate senza fornire una stima della quantità di debito che verrà cancellato. Di fatto, la mancanza di un piano di ristrutturazione aumenterà l’incertezza e, pertanto, ostacolerà gli investimenti necessari per ripristinare la crescita economica.

Presentare istanza di fallimento è stata una mossa sensata, altrimenti il paese sarebbe stato esposto a contenziosi che avrebbero minato gli sforzi di ristrutturazione e allungato la strada verso la ripresa economica. Ma ciò che il piano avrebbe dovuto fare è definire le politiche di cui Puerto Rico ha bisogno per la ripresa e, al tempo stesso, presentare una proposta di ristrutturazione che garantisca uno sgravio sufficiente a renderle realizzabili.

Invece, con l’approvazione del piano di bilancio 2017-2026, il Consiglio di vigilanza si è messo in una posizione difficile. Utilizzare il piano come base per calcolare gli aiuti richiesti rischia di condurre all’errata conclusione che Puerto Rico possa gestire una ripresa con tagli molto più esigui di quelli necessari. Se non si provvederà urgentemente a ridefinire il piano sulla base di presupposti credibili, il paese non si riprenderà, la sostenibilità del debito non verrà ripristinata e il Consiglio avrà fallito la sua missione.

Traduzione di Federica Frasca

https://prosyn.org/uVRFH1Lit