PARIGI – Il cambiamento climatico sta già seminando distruzione e caos nel mondo in via di sviluppo. In Vietnam, ad esempio, i disastri naturali, alcuni dei quali sono aggravati dal cambiamento del clima, hanno causato perdite annuali pari al 2% del Pil. In paesi che dipendono dall’agricultura, come l’Etiopia, invece, periodi di siccità più prolungati e alluvioni più frequenti minacciano i mezzi di sussistenza e le scorte alimentari.
Mentre la comunità internazionale si prepara per la Conferenza di Parigi 2015 sul clima fissata per il prossimo dicembre, individuare e ottimizzare le fonti di finanziamento per la lotta contro il cambiamento climatico deve diventare un obiettivo primario. Le banche per lo sviluppo, come l’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD), di cui sono direttore generale, sono nella posizione migliore per dare un contributo.
Per cominciare, le banche per lo sviluppo possono finanziare progetti volti a favorire sia lo sviluppo che l’ambiente. Il riscaldamento globale è ormai diventato un elemento cruciale di cui va tenuto conto quando si elabora un progetto di sviluppo. Ad esempio, gli effetti del cambiamento climatico possono costituire una seria minaccia per le infrastrutture – irrigazione agricola, trasporti pubblici e quasi qualunque altro aspetto. Nel frattempo, l’aumento dei redditi – uno degli obiettivi di ogni piano di sviluppo – quasi sempre implica un maggiore consumo di risorse naturali ed energia, che a sua volta dà luogo a un innalzamento del livello delle emissioni e delle temperature.
Questa interdipendenza tra riscaldamento globale e sviluppo spiega perché il governo francese vuole che almeno il 50% delle sovvenzioni fornite dall’AFD sia destinato a progetti di sviluppo che abbiano anche un impatto positivo sull’ambiente. Alcuni esempi sono le fattorie eoliche in Etiopia, una migliore gestione delle risorse forestali in Madagascar, piani climatici su scala nazionale in Indonesia e Vietnam e trasporti urbani ecologici in Colombia.
Le banche per lo sviluppo possono, inoltre, svolgere un ruolo rilevante nella messa a punto di strumenti finanziari che consentano agli investitori privati di sostenere la lotta al cambiamento climatico. Oggi, però, non è più soltanto una questione di quantità di fondi. Infatti, sebbene tra le potenziali fonti di finanziamento per uno sviluppo rispettoso del clima figurino anche fondi pensione, compagnie assicurative, fondazioni e fondi sovrani, ciò che spesso manca sono dei meccanismi atti a garantire che i fondi siano incanalati verso progetti mirati ed efficaci.
Una possibile soluzione è data dai green bond, le obbligazioni verdi dette anche "climatiche". Questi strumenti hanno tutte le caratteristiche delle obbligazioni convenzionali, ma sono garantiti da investimenti che contribuiscono allo sviluppo sostenibile e alla lotta contro il cambiamento climatico.
Fino a poco tempo, solo poche organizzazioni e governi, tra cui la Banca mondiale, lo Stato del Massachusetts e la regione francese dell'Île de France, emettevano green bond, e in generale si parlava di cifre modeste. Negli ultimi due anni, però, l'ingresso di nuove realtà sul mercato ha fatto schizzare le cifre alle stelle. Nel 2014, le emissioni di obbligazioni verdi hanno superato il totale di tutti gli anni precedenti.
Di fatto, la domanda sta superando l'offerta. Le ultime offerte di obbligazioni sono state tutte sottoscritte, e questo trend sembra destinato a continuare. Il settore assicurativo si è impegnato a raddoppiare gli investimenti eco-compatibili, raggiungendo quota 84 miliardi di dollari entro la fine del 2015. E nel settembre scorso, tre importanti fondi pensione nordamericani ed europei hanno annunciato piani per aumentare le rispettive partecipazioni in investimenti a basso tenore di carbonio di oltre 31 miliardi di dollari entro il 2020.
Mentre il mercato per questi titoli si espande, bisogna lavorare per una loro migliore classificazione e certificazione. Ad oggi, non esistono norme armonizzate. La qualità delle attività a garanzia dei bond dipende esclusivamente dalla buona volontà e dalle competenze tecniche degli emittenti. Occorre sviluppare linee guida e metodi di rating specifici. In tale contesto, la recente decisione presa da una coalizione di investitori istituzionali di misurare e dare informativa dell'impronta di carbonio di almeno 500 miliardi di dollari di investimenti rappresenta un segnale positivo.
Nel mese di settembre, l'AFD ha emesso bond climatici per un miliardo di euro (1,2 miliardi di dollari), e uno degli obiettivi prefissati era quello di contribuire allo sviluppo di standard di qualità specifici. Con l'aiuto di un'importante agenzia che valuta la responsabilità sociale delle imprese, siamo stati in grado di fornire agli investitori informazioni concrete – e un processo di responsabilità – sull'impatto diretto degli investimenti sulle emissioni di gas serra. I progetti finanziati da questi titoli dovevano soddisfare criteri rigorosi, tra cui una prima analisi della loro impronta di carbonio, la prova di un chiaro e significativo impatto sul cambiamento climatico e una struttura in linea con le strategie adottate da diversi paesi e realtà locali.
I bond climatici possono aiutare paesi e istituzioni a rispettare quelli che saranno i futuri vincoli per la riduzione delle emissioni di CO2. Tuttavia, per essere efficaci, essi necessitano di linee guida chiare e di un quadro di valutazione affidabile. Mentre i leader di paesi e istituzioni internazionali si preparano all'incontro di Parigi a dicembre, risolvere la questione dei finanziamenti dovrebbe avere la massima priorità.
Traduzione di Federica Frasca
PARIGI – Il cambiamento climatico sta già seminando distruzione e caos nel mondo in via di sviluppo. In Vietnam, ad esempio, i disastri naturali, alcuni dei quali sono aggravati dal cambiamento del clima, hanno causato perdite annuali pari al 2% del Pil. In paesi che dipendono dall’agricultura, come l’Etiopia, invece, periodi di siccità più prolungati e alluvioni più frequenti minacciano i mezzi di sussistenza e le scorte alimentari.
Mentre la comunità internazionale si prepara per la Conferenza di Parigi 2015 sul clima fissata per il prossimo dicembre, individuare e ottimizzare le fonti di finanziamento per la lotta contro il cambiamento climatico deve diventare un obiettivo primario. Le banche per lo sviluppo, come l’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD), di cui sono direttore generale, sono nella posizione migliore per dare un contributo.
Per cominciare, le banche per lo sviluppo possono finanziare progetti volti a favorire sia lo sviluppo che l’ambiente. Il riscaldamento globale è ormai diventato un elemento cruciale di cui va tenuto conto quando si elabora un progetto di sviluppo. Ad esempio, gli effetti del cambiamento climatico possono costituire una seria minaccia per le infrastrutture – irrigazione agricola, trasporti pubblici e quasi qualunque altro aspetto. Nel frattempo, l’aumento dei redditi – uno degli obiettivi di ogni piano di sviluppo – quasi sempre implica un maggiore consumo di risorse naturali ed energia, che a sua volta dà luogo a un innalzamento del livello delle emissioni e delle temperature.
Questa interdipendenza tra riscaldamento globale e sviluppo spiega perché il governo francese vuole che almeno il 50% delle sovvenzioni fornite dall’AFD sia destinato a progetti di sviluppo che abbiano anche un impatto positivo sull’ambiente. Alcuni esempi sono le fattorie eoliche in Etiopia, una migliore gestione delle risorse forestali in Madagascar, piani climatici su scala nazionale in Indonesia e Vietnam e trasporti urbani ecologici in Colombia.
Le banche per lo sviluppo possono, inoltre, svolgere un ruolo rilevante nella messa a punto di strumenti finanziari che consentano agli investitori privati di sostenere la lotta al cambiamento climatico. Oggi, però, non è più soltanto una questione di quantità di fondi. Infatti, sebbene tra le potenziali fonti di finanziamento per uno sviluppo rispettoso del clima figurino anche fondi pensione, compagnie assicurative, fondazioni e fondi sovrani, ciò che spesso manca sono dei meccanismi atti a garantire che i fondi siano incanalati verso progetti mirati ed efficaci.
Una possibile soluzione è data dai green bond, le obbligazioni verdi dette anche "climatiche". Questi strumenti hanno tutte le caratteristiche delle obbligazioni convenzionali, ma sono garantiti da investimenti che contribuiscono allo sviluppo sostenibile e alla lotta contro il cambiamento climatico.
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Fino a poco tempo, solo poche organizzazioni e governi, tra cui la Banca mondiale, lo Stato del Massachusetts e la regione francese dell'Île de France, emettevano green bond, e in generale si parlava di cifre modeste. Negli ultimi due anni, però, l'ingresso di nuove realtà sul mercato ha fatto schizzare le cifre alle stelle. Nel 2014, le emissioni di obbligazioni verdi hanno superato il totale di tutti gli anni precedenti.
Di fatto, la domanda sta superando l'offerta. Le ultime offerte di obbligazioni sono state tutte sottoscritte, e questo trend sembra destinato a continuare. Il settore assicurativo si è impegnato a raddoppiare gli investimenti eco-compatibili, raggiungendo quota 84 miliardi di dollari entro la fine del 2015. E nel settembre scorso, tre importanti fondi pensione nordamericani ed europei hanno annunciato piani per aumentare le rispettive partecipazioni in investimenti a basso tenore di carbonio di oltre 31 miliardi di dollari entro il 2020.
Mentre il mercato per questi titoli si espande, bisogna lavorare per una loro migliore classificazione e certificazione. Ad oggi, non esistono norme armonizzate. La qualità delle attività a garanzia dei bond dipende esclusivamente dalla buona volontà e dalle competenze tecniche degli emittenti. Occorre sviluppare linee guida e metodi di rating specifici. In tale contesto, la recente decisione presa da una coalizione di investitori istituzionali di misurare e dare informativa dell'impronta di carbonio di almeno 500 miliardi di dollari di investimenti rappresenta un segnale positivo.
Nel mese di settembre, l'AFD ha emesso bond climatici per un miliardo di euro (1,2 miliardi di dollari), e uno degli obiettivi prefissati era quello di contribuire allo sviluppo di standard di qualità specifici. Con l'aiuto di un'importante agenzia che valuta la responsabilità sociale delle imprese, siamo stati in grado di fornire agli investitori informazioni concrete – e un processo di responsabilità – sull'impatto diretto degli investimenti sulle emissioni di gas serra. I progetti finanziati da questi titoli dovevano soddisfare criteri rigorosi, tra cui una prima analisi della loro impronta di carbonio, la prova di un chiaro e significativo impatto sul cambiamento climatico e una struttura in linea con le strategie adottate da diversi paesi e realtà locali.
I bond climatici possono aiutare paesi e istituzioni a rispettare quelli che saranno i futuri vincoli per la riduzione delle emissioni di CO2. Tuttavia, per essere efficaci, essi necessitano di linee guida chiare e di un quadro di valutazione affidabile. Mentre i leader di paesi e istituzioni internazionali si preparano all'incontro di Parigi a dicembre, risolvere la questione dei finanziamenti dovrebbe avere la massima priorità.
Traduzione di Federica Frasca